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1931-1940: Vittorio Pozzo e i suoi azzurri

Sport &  Medicina, 150 anni della nostra vita

1931-1940

Vittorio Pozzo e i suoi azzurri

 


Gli anni Trenta sono probabilmente i più luminosi dello sport italiano. Lo testimoniano i successi azzurri colti nel pugilato, nel calcio, nel ciclismo, alle Olimpiadi, nei motori. Primo Carnera è un buon esempio di eroe simbolo dell’epoca. Il 29 giugno 1933 il "gigante buono" di Sequals, un paesino sperduto del Friuli, regala all'Italia il primo titolo di campione del mondo di pugilato, categoria pesi massimi. Lo conquista a New York, sul ring del mitico Madison Square Garden, mettendo K.O. alla sesta ripresa l'americano Jack Sharkey. Carnera, 27 anni, due metri e due centimetri di statura, incarna “l’italica forza”. Approdato al ring dopo aver lavorato in un circo come fenomeno da baraccone, al rientro in patria è accolto con ogni onore. Mussolini lo vuole conoscere e se ne serve per enfatizzare le virtù del regime: il duce sogna una gioventù forte e impavida e lui stesso si dichiara sportivo irriducibile. Le veline del Ministero della Cultura popolare raccontano del duce che “il lunedì pratica la marcia; il martedì il nuoto, il mercoledì indifferentemente motociclismo o automobilismo, il giovedì equitazione, il venerdì aviazione o motonautica; il sabato scherma e pugilato; la domenica la ginnastica”.

Nel 1931 si assegna definitivamente la Coppa Schneider, riservata agli idrovolanti. Voluta vent’anni prima da un finanziere appassionato di aerei e mongolfiere, premia l’aeroclub capace di vincere tre prove in cinque anni. Ci riescono gli inglesi del’aeroclub di Calshot Spit ma gli italiani Bologna, de Briganti e de Bernardi sono stati a un passo dal successo.

Nel 1934 si disputa in Italia la seconda edizione dei Mondiali di calcio e la macchina della propaganda è inarrestabile: si stampano francobolli e manifesti, si costruiscono nuovi stadi. Mussolini non bada a spese e i risultati lo premiano. La rassegna mondiale di casa è un trionfo, sportivo e mediatico: l’Italia batte 2-1 in finale la Cecoslovacchia e conquista la sua prima Coppa. Agli occhi del mondo, il fascismo appare come una macchina perfetta, vincente. Capitano degli Azzurri è Peppino Meazza, soprannominato “Balilla”, bandiera dell’Ambrosiana Inter, uno dei più grandi calciatori di ogni tempo. Alla guida della Nazionale c’è Vittorio Pozzo, tenente degli alpini nella Grande guerra, poliglotta (cinque lingue al suo attivo). Impiegato alla Pirelli, Pozzo non percepisce una lira per il ruolo di commissario unico. All’estero non mancano le polemiche per gli arbitraggi, ritenuti un po’ troppo favorevoli all'Italia, ma finiscono in nulla perché il campo conferma il risultato mondiale: nel 1936 l'Italia vince l'oro alle Olimpiadi di Berlino e nel 1938 il secondo titolo di campione del mondo a Parigi. Nessuno a quel punto osa più mettere in dubbio il valore della Nazionale di Pozzo.

Il ciclismo vive di assolute novità: il 1931 coincide con la nascita della maglia rosa, il simbolo del primato al Giro d’Italia. L’indossa per primo Learco Guerra, al termine della Milano-Mantova. Nel 1933 Alfredo Binda vince il suo quinto e ultimo Giro d'Italia che annota per la prima volta la classifica degli scalatori, il Gran Premio della Montagna. È anche l'anno d’esordio della tappa a cronometro, la Bologna-Ferrara di 62 km, per la quale La Gazzetta dello Sport scrive con una certa enfasi, tipica del periodo: “Signori corridori, fate il vostro gioco: ognuno per sé e contro tutti”. Nel 1935 si sperimenta al Giro la cronometro in salita (la Rieti-Terminillo, quasi subito definita “cronoscalata”): la vince un giovane di Ponte a Ema, Gino Bartali, che l’anno dopo si aggiudicherà il suo primo Giro, a soli 22 anni. Nel 1937, dopo aver minacciato di lasciare il ciclismo per la morte del fratello Giulio, caduto durante una corsa di dilettanti, Bartali fa il bis al Giro e viene inviato in Francia per confermare i successi, ormai lontani nel tempo, di Ottavio Bottecchia. Bartali conquista la maglia gialla ma è costretto al ritiro per una caduta. L'impresa è soltanto rinviata, il Tour lo vincerà nel 1938 (e dieci anni dopo concederà il bis). Di lieto, appena prima del secondo conflitto mondiale, c’è il successo del giovanissimo Fausto Coppi al Giro, proprio ai danni di Bartali, suo capitano nella Legnano. Un errore accostarli nella stessa squadra? No davvero, il ventenne di Castellania avrebbe semplicemente dovuto farsi le ossa, non certo sopravanzare il più maturo Bartali che, per sua stessa ammissione, in quel Giro va piano. Coppi trionfa a Milano due giorni prima che l’Italia scenda in guerra contro la Francia, il 10 giugno 1940.

 

 

A livello olimpico, i colori italiani rifulgono già nel 1932, ai Giochi di Los Angeles, non a caso definiti “degli italiani”. Gli azzurri vincono 36 medaglie, dodici per ciascun metallo. Su tutti spicca un milanese di 25 anni, Luigi Beccali, che vince l'oro nei 1.500 metri, entrando nella storia dell'atletica leggera italiana come il primo capace di aggiudicarsi una corsa olimpica. Lo stesso Beccali, quattro anni dopo, sarà bronzo a Berlino, dove si verifica un'altra storica impresa: l’oro conquistato da una ragazza di soli 20 anni, Trebisonda (detta fortunatamente Onda e poi, meglio ancora, Ondina) Valla. Nata a Bologna il 20 maggio 1916 e morta novantenne all'Aquila nel 2006, Ondina Valla è un'atleta straordinaria. A Berlino s’impone negli 80 ostacoli, superando di pochi centimetri la favoritissima tedesca Steuer. Nell’Olimpiade tedesca gli italiani vincono un totale di otto medaglie d'oro, grazie anche alla scherma, al pugilato e alla vela.



La storia del decennio ci parla di altri grandissimi campioni. Uno su tutti Tazio Nuvolari, il "mantovano volante", forse il più grande pilota di tutti i tempi. Nuvolari comincia il decennio vincendo nel 1930 la Mille Miglia davanti al suo grande rivale, Achille Varzi, e prosegue aggiudicandosi la Targa Florio, poi il Gran Premio di Germania al Nürburgring, davanti a un furibondo Hitler che sognava il trionfo delle auto tedesche, e altre corse entusiasmanti, sempre alla guida di un'Alfa Romeo.

 

 

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