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1911-1920: nel segno di Alberto Braglia

Sport &  Medicina, 150 anni della nostra vita

1911-1920

Nel segno di Alberto Braglia

 


In occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia, il Paese si attrezza con uno stadio nazionale degno della Capitale: un grande impianto, lungo 200 metri e largo 112, viene edificato dove oggi sorge lo stadio Flaminio. Sino alla costruzione del Foro Italico, negli anni Trenta, sarà il polo sportivo della capitale. Il calcio incontra sempre maggiori favori, esaltato dalla Pro Vercelli, polisportiva creata nel 1892 e quindi indissolubilmente legata ai valori patri: i piemontesi dominano la scena dal 1907 al 1913 (fa eccezione il 1910, lo scudetto va all’Inter) con la squadra più autarchica che si ricordi: i giocatori sono nati tutti in zona. La Pro Vercelli fa valere le sue convinzioni e costringe la Federazione italiana a non tesserare più giocatori stranieri.


Sino alla Prima guerra mondiale i calciatori non guadagnano un soldo, essendo tutti borghesi e benestanti. Quasi nessuno cambia squadra: il primo a farlo è nel 1913 il mediano De Vecchi, forse il miglior giocatore del periodo, fantasiosamente soprannominato “il piede sinistro di Dio”. Il presupposto del trasferimento è un posto sicuro: il Genova gli offre un lavoro in banca che il Milan non può garantirgli. Al primo sentore di guerra la Federcalcio ferma il campionato, in nome della scelta interventista. Alla ripresa il pallone è stabilmente nel cuore degli italiani. Lo stesso Antonio Gramsci è uno juventino entusiasta. In un appunto del 1918, intitolato Il calcio e lo scopone, dopo aver plaudito all’attività motoria, così si esprimeva: “Lo scopone ha spesso come conclusione un cadavere e qualche cranio ammaccato. Non si è mai letto che in tal modo si sia conclusa una partita di football”. Non vogliategliene: Gramsci non poteva prevedere l’evoluzione del calcio, in campo e fuori.


Nel 1912, all’Olimpiade di Stoccolma, il ginnasta Alberto Braglia non soltanto replica il successo colto ai Giochi di Londra nell’individuale ma trascina i suoi compagni nella prova a squadre. Inimitabile, Braglia sapeva compiere il salto mortale all’indietro ad arco partendo dalla verticale e ritornava in identica posizione alle parallele. Ben vivo è il ricordo di Emilio Lunghi, il primo girovago del nostro sport, un genovese capace di vincere negli Stati Uniti su tutte le distanze in pista, dai 400 ai 10.000 metri. A Stoccolma è sua la medaglia d’argento negli 800 metri, la prima colta dall’Italia in atletica. Dal fioretto viene la prima medaglia d’oro, la ottiene il diciottenne Nedo Nadi, uno dei più grandi schermidori di ogni tempo.

I primi Giri d’Italia si sviluppano nell’entusiasmo popolare. La fantasia del pubblico si accende per gli spunti di cronaca offerti dai faticatori del pedale. Più di tutti colpisce il coraggio dell’astigiano Giovanni Gerbi, soprannominato il “diavolo rosso”: solo la sfortuna gli negherà la soddisfazione di vincere un Giro. La “corsa rosa” è da subito romanzo popolare, così simile nella struttura narrativa ai feuilleton che i quotidiani pubblicano di taglio basso in prima pagina. Alcune edizioni spiccano: il Giro 1913 se lo aggiudica il bersagliere Oriani, che lo affronta a bordo di una bici dell’esercito normalmente usata per trasportare pezzi di mitragliatrice. L’edizione del 1914 si disputa in condizioni climatiche avverse: neve e gelo flagellano la corsa, tanto che ben 73 degli 81 partenti si ritirano. Nella penultima tappa, da Bari all’Aquila, Giuseppe Azzini, in fuga solitaria con un’ora di vantaggio, viene dato per disperso. Una bufera imperversa sulla zona, lo dicono scomparso in un fiume. Per fortuna lo trovano addormentato sulla paglia, in un casolare, la bici coricata al suo fianco.

Grande impulso viene dato, nel decennio, ai motori, che annotano sempre più costruttori italiani: nel 1911 viene al mondo la Benelli e viene fondato il primo Moto club d’Italia. Nel 1912 si svolge il primo Campionato italiano, l’anno dopo nasce la prima grande gara, l’Audax. Nel 1913 Carlo Maffeis tocca i 116 chilometri orari, punta massima di velocità per l’epoca. Nel 1914 si avvia la preparazione del raid Nord-Sud, una gara di velocità pura di grande impegno tecnico e organizzativo che la guerra mondiale bloccherà. L’attività motoristica riprenderà vigore e impulso nel 1919, con la nascita della Milano-Taranto.

La pallavolo raggiunge l’Italia nel 1917 a Porto Corsini, nei pressi di Ravenna. Gli americani mostrano il nuovo gioco in un hangar della base per idrovolanti. La guerra finisce, gli americani tornano a casa, ma la pallavolo resta tra le nostre abitudini, ancorché dopolavoristiche. Nel giugno 1919 si disputa la prima partita ufficiale di pallacanestro che si ricordi in Italia. Si gioca all'Arena di Milano, tra la II Compagnia Automobilisti di Monza e gli Avieri della Malpensa. La gara finisce in parità, 11 a 11, di fronte a un pubblico eccezionale, oltre trentamila persone. L'enorme afflusso si spiega non tanto per la considerazione di cui godeva il basket, inesistente in quel momento, ma perché quel giorno sulla pista dell'Arena si concludeva il Giro ciclistico d'Italia e tutti attendevano che dal sottopassaggio sbucasse trionfalmente il leader Costante Girardengo. Ne dà conto La Gazzetta dello Sport, ritornata da poco a cadenza quotidiana, dopo aver subito un’interruzione di 68 giorni a seguito della liberazione.

I Giochi di Anversa chiudono il decennio, ma le difficoltà dell’Italia uscita malconcia dalla guerra inducono il governo Nitti a interrogarsi se partecipare o meno. Costante Girardengo, il campione, scrive allora una lettera al presidente del Consiglio, con tono accorato: “L’Italia non deve disertare le Olimpiadi, un’adunata mondiale che offre al governo italiano l’occasione per iniziare la più sana politica: il miglioramento del materiale uomo”. In quell’Olimpiade emerge prepotente il talento di Ugo Frigerio, diciannovenne tipografo milanese, capace di vincere due medaglie d’oro nella marcia, sulla distanza dei tre e dei dieci chilometri. Nedo Nadi si rende interprete di una performance ineguagliata: vince cinque medaglie d’oro su sei prove di scherma alle quali partecipa.

 

 

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