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1891-1900: si apre l'era del calcio

Sport &  Medicina, 150 anni della nostra vita

1891-1900

Si apre l'era del calcio

 


È il decennio che porta alla piena consacrazione della bicicletta, veicolo che velocizza tutto, anche lo sport italiano, ma i contrasti non mancano, soprattutto sull’impiego cittadino delle due ruote, ancora soggette a restrizioni. Un buon esempio lo dà la città di Milano che in un regolamento civico del 1892 detta le nuove regole: è proibito ai residenti di montare in velocipede non solo nel giardino pubblico, con una comprensibile motivazione (“ivi accorrono bambini e bambinaie”), ma si fa espresso divieto di circolare nel centro perché troppo frequentato da persone oneste e nelle periferie perché “non abbastanza sorvegliate”. Sempre nel capoluogo lombardo, nel 1895 il Consiglio comunale impone un bollo esorbitante sui velocipedi, al punto che gli utenti insorgono contro il provvedimento. La polemica arriva fino a Roma, per via dei regolamenti diversi da città a città che salassano il ciclista con multe continue. Il governo decide allora di limitare a dieci lire la tassa sulle bici, dando così al mezzo un riconoscimento giuridico. Finalmente nel 1898 i ciclisti vincono la battaglia: il primo articolo del regolamento della strada, oggi lo si chiamerebbe codice, così recita: “La circolazione dei velocipedi, delle macchine e degli apparecchi assimilabili ai velocipedi, è completamente libera”. Come a dire che anche l’Italia sdogana le due ruote.


Nel periodo, singolare e curiosa è la sfida svoltasi nel marzo 1894 al Trotter di Milano fra un ciclista milanese, il ventiduenne Buni e il colonnello Cody, il leggendario Buffalo Bill. Si tratta di un pittoresco personaggio americano che gira l’Europa con un seguito di cow boys e di pellerossa, dando vita a una sorta di circo dove si può ammirare la sua destrezza nel cavalcare e la precisione di tiro o di lancio del lazo. L’americano inserisce nella tournée italiana anche una sfida con i ciclisti di casa nostra, chiamandoli a percorrere per tre giorni consecutivi non meno di 100 Km al giorno nel tempo massimo di 3 ore, mentre lui vi partecipa avendo a disposizione dieci cavalli per non sfiancarli. Il milanese Buni raccoglie la sfida, ma la perde. S’impone il colonnello Cody che percorre 336 chilometri in 10 ore, 16 chilometri in più di Buni che comunque la folla porta in trionfo. Chi si ammazza di fatica è sempre reputato.

Il 3 aprile 1896, tre giorni prima dell’esordio della prima Olimpiade moderna in programma ad Atene, compare in edicola un periodico (poi quotidiano) destinato a fare storia: La Gazzetta dello Sport fa il suo debutto su carta verdina, esce il lunedì e il venerdì. Inizialmente di quattro pagine, stampato in ventimila esemplari, reca sotto la testata i nomi dei periodici ciclistici da cui discende: Il Ciclista fondato da Eliso Rivera e La Tripletta voluta da Eugenio Camillo Costamagna che della Gazzetta è il primo direttore. Costamagna (nome de plume Magno) e Rivera (pseudonimo Eliso delle Roncaglie) sono entrambi piemontesi, hanno 32 e 31 anni. Il primo, avventuroso e vivace, associa la passione per il teatro e i viaggi a quella per lo sport; il secondo, autentica testa calda, finirà in carcere, a scontare 22 giorni per aver partecipato ai moti di piazza del 1898 contro la tassa sul pane, quando i cannoni del generale Bava Beccaris sparano sulla folla. Uscito di prigione Rivera darà le dimissioni e si recherà in Argentina. Mancherà insomma la trasformazione radicale del giornale, che il primo gennaio 1899 compare in edicola su carta rosa. Un colore distintivo che non abbandonerà più.

Ad Atene, in occasione dei Giochi olimpici della modernità, nessun italiano figura tra i partecipanti, nonostante la buona volontà del podista Carlo Airoldi, lombardo di Origgio, operaio in una fabbrica di cioccolato, che in Grecia arriva a piedi, costeggiando le linee ferroviarie, così da coprire in 28 giorni i chilometri che gli restano dopo aver superato in nave l’Adriatico. Lo riceve il re di Grecia, Costantino, ma poco più tardi lo raggiunge un giudice del Comitato olimpico con una comunicazione di squalifica. Gli viene negata la partecipazione per un premio in denaro ricevuto tempo prima, per la sua adesione alla corsa a tappe Milano-Barcellona. Allora bastava poco per essere tacciati di professionismo. Il verdetto non presuppone appello, Airoldi non può gareggiare. Diversa la sorte dei nostri portacolori nella seconda edizione dei Giochi, svoltisi a Parigi nel 1900: il successo arride, ex-aequo con il francese Garderes, al cavaliere Giorgio Trissino che in sella a Oreste si aggiudica la prova di salto in alto. Con lo stesso cavallo il nobile vicentino vincerà anche la medaglia d’argento nella prova di salto in lungo. Fa discutere la medaglia di Antonio Conte, “oro” nella gara di sciabola per maestri d’arme, categoria poi non più contemplata, alloro che il Cio e il Coni hanno sempre avallato. Il battuto è un altro italiano, Italo Santelli.



Lo sport, o meglio il gioco, che nel decennio trova sempre maggiori consensi è il calcio, allora per tutti football grazie alla comunità britannica che lo diffonde a Genova. Non per caso nel capoluogo ligure nel 1893 nasce il Genoa Cricket Club, la prima società italiana di calcio. Allora si giocavano due tempi di 30 minuti ciascuno. Nel 1896 viene fondata la Federazione italiana football, che nel 1909 assumerà l’attuale denominazione di Federazione italiana gioco calcio assumendo regole simili a quelle dell’International board. L’8 maggio 1899 a Torino, al Velodromo Umberto I, si assegna il primo titolo italiano. Presenti un centinaio di spettatori per un incasso di 197 lire, il torneo vede in lizza quattro squadre: Genoa, Ginnastica Torino, Internazionale Torino e Torinese. Il titolo si assegna in un solo giorno, primo incontro alle 9, secondo alle 11, finale alle 15. In maglia bianca con striscia rossa, prevale il Genoa di James Spensley sull’Internazionale Torino, formazione che in seguito si fonderà con la Torinese dando vita al Torino calcio.

Agli albori del nuovo secolo prende piede anche lo sci. Si strutturano i primi Sci club: quello di Ponte Nossa è del 1900, quello di Torino del 1901. Nel 1908 nasce l’Unione ski club italiani.

 

 

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