Nell’epoca di Internet c’è ancora spazio per le riviste medico-scientifiche? Sandro Fontana 2005 |
Le riviste scientifiche sono nate nel 1600, quando i ricercatori hanno fondato le prime società scientifiche e hanno tenuto le prime riunioni per comunicare i risultati delle loro ricerche. Questi interventi venivano presentati in forma di brevi comunicazioni scritte che successivamente venivano raccolte in nuove pubblicazioni come le Transactions of the Royal Society of London. Queste raccolte di brevi presentazioni divennero poi le prime riviste.
Non tutti gli scienziati, però, erano concordi nel considerare le nuove riviste progressi scientifici.
Come riporta Ann McKibbon nella sua Guida alla ricerca delle informazioni scientifiche edita dal Pensiero Scientifico, Sir Isaac Newton riteneva che questi nuovi giornali mancassero di precisione e non volle mai avere a che fare con essi. Egli riteneva che coloro che non avessero abbastanza idee e fatti da poter riempire un libro non meritassero di essere chiamati scienziati.
Tuttavia, alla fine del XVIII secolo le riviste erano ormai diventate il mezzo più diffuso di comunicazione scientifica. In seguito, il numero di pubblicazioni è andato sempre più aumentando fino a raggiungere i livelli attuali, rendendo problematica la ricerca delle informazioni stesse.
Quarant’anni fa, nel 1966, è nato Med Line (l’equivalente cartaceo era l’Index Medicus), un data base informatico che comprende più di nove milioni di citazioni da oltre 4000 riviste scientifiche.
Tra le riviste, alcune hanno raggiunto un livello scientifico e un prestigio tali da costituire un riferimento per la professione medica nelle sue varie articolazioni specialistiche.
Nell’epoca di Internet c’è ancora spazio per le riviste medico-scientifiche? Gli editori più importanti ritengono che, pur in forma elettronica, le riviste continueranno ad avere un ruolo nella comunicazione, nell’informazione e nella formazione. Peraltro, Internet ci consente un più veloce accesso a una maggiore quantità di informazioni, ma rimane irrisolto il problema del controllo dell’informazione stessa. Esistono inoltre, a mio avviso, campi in cui la rivista di una società medicoscientifica può trovare spazio perché risponde a bisogni non soddisfatti dagli altri mezzi di comunicazione.
I medici, infatti, hanno bisogno per la loro attività professionale di conoscere le tendenze della ricerca e della pratica clinica, di avere notizie riguardanti la vita professionale e la politica sanitaria.
Infine, una rivista può migliorare la comunicazione con i colleghi, con i ricercatori e con l’industria farmaceutica dove avviene una parte non secondaria della ricerca biomedica.
Alla luce di queste considerazioni, 13 anni dopo la fondazione, il Consiglio Direttivo dell’ARCA ha deciso di puntare ancora sulla rivista come mezzo di comunicazione, rinnovandone in parte formato e contenuti, direzione e collaboratori, per rispondere alle esigenze di cui sopra e per il non facile cammino dell’indicizzazione.
Di quest’ultimo problema parleremo nei prossimi numeri. Ci proponiamo con il nostro giornale di focalizzare l’attenzione sulla fase extraospedaliera del paziente sofferente di cuore, sul prima e sul dopo ospedale, sulla prevenzione e sulla riabilitazione, sul follow-up, sulla razionalizzazione del percorso terapeutico del malato, sull’integrazione ospedale-territorio.
Colgo l’occasione per ringraziare quanti hanno contribuito alla realizzazione di questo numero e chiedo la collaborazione di tutti i soci: riflessioni, consigli, critiche e, soprattutto, contributi scientifici.
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