You're not logged in
Home
1981-1990: la medicina si fa hi-tech
There are no translations available.

 

Sport &  Medicina, 150 anni della nostra vita

1981-1990

La medicina si fa hi-tech

 


Un paradosso tra i tanti che attraversano la politica italiana è quello che vede per cinque anni consecutivi, dal 1979 al 1983, titolare del Ministero della Sanità il liberale Renato Altissimo. In pratica a occuparsi dell’attuazione del neonato Servizio sanitario nazionale è il rappresentante di un partito che ha votato contro la legge che lo ha istituito. Sono anni nei quali i governi si succedono rapidamente − in media uno all’anno, fatta eccezione per quello guidato da Craxi −, il debito pubblico sale alle stelle e la sanità nazionalizzata diventa terreno fertile per quella lottizzazione delle cariche pubbliche che nel decennio diventerà prassi. Del resto le Unità sanitarie locali necessitano di dirigenti in grado di affrontare responsabilità amministrative non da poco e i partiti si premurano di fornire nominativi adatti al compito.

Questa politicizzazione della sanità non impedisce che nel Paese comincino ad affermarsi centri di eccellenza scientifica, dislocati per lo più al Centro-Nord. La chirurgia dei trapianti fa passi da gigante, grazie all’impiego della ciclosporina come immunosoppressore. Nel 1982 Raffaello Cortesini, già pioniere dei trapianti di rene con Paride Stefanini, esegue a Roma il primo trapianto di fegato sul suolo italiano. Il giorno della svolta per la cardiochirugia nazionale è invece il 14 novembre 1985: il Ministero della Sanità ha infine autorizzato i trapianti di cuore e subito, a Padova, l’équipe di Vincenzo Gallucci effettua il primo intervento del genere in Italia, trapiantando sul falegname Ilario Lazzari il cuore di un giovane morto in un incidente stradale. Nei giorni successivi è un proliferare di interventi analoghi: a Pavia con Mario Viganò, a Bergamo con Lucio Parenzan, a Udine con Angelo Meriggi, a Milano con Alessandro Pellegrini, a Roma con Benedetto Marino.

Gli sviluppi sempre più frenetici dell’elettronica e dell’informatica hanno anche in medicina applicazioni di grande rilievo. A trarne grande giovamento soprattutto la radiologia, nel momento in cui la diagnostica per immagini si fa sempre più definita e hi-tech. Tac (Tomografia assiale computerizzata), Rm (Risonanza magnetica), Spect (Tomografia computerizzata a emissione di fotone singolo) e Pet (Tomografia a emissione positronica) diventano espressioni di uso comune, tanto facili da pronunciare quanto complessi sono i meccanismi d’azione delle procedure diagnostiche alle quali si riferiscono.

L’ingegneria genetica rappresenta la nuova frontiera di una scienza medica che interviene sul corredo genetico degli animali per ricavarne scoperte utilizzabili sugli esseri umani. Obiettivi finali: riparare tessuti e organi mal funzionanti, correggere la degenerazione cellulare che è alla base di patologie di fortissimo impatto sociale come Alzheimer e Parkinson, porre rimedio con le terapie geniche a malattie genetiche fino ad allora considerate incurabili. Il progresso tecnologico che irrompe in ogni branca della medicina pone una volta di più il medico di fronte a una metamorfosi professionale che, mentre gli fornisce strumenti diagnostici e terapeutici sempre più avanzati, lo allontana da quella dimensione antropologica, di comunicazione tutta umana con il paziente che storicamente gli appartiene.

Come nel caso di Renato Dulbecco, anche quella di Rita Levi Montalcini, premio Nobel nel 1986, è una storia particolare. È la vicenda di una grande scienziata che dà lustro al suo Paese con il frutto delle sue ricerche ma anche con una condotta di vita coraggiosa, negli anni più bui del Novecento europeo. Torinese di famiglia ebraica, nasce nel 1909 e si laurea in medicina nel 1936, quando ha inizio il giro di vite antisemita voluto da Mussolini. Anche lei allieva, come Luria e Dulbecco, di Giuseppe Levi, prosegue gli studi in Belgio fino alla vigilia dell’invasione nazista, per poi tornare a Torino, dove allestisce un mini-laboratorio casalingo. Si trasferisce infine con la famiglia a Firenze, dove intrattiene stretti rapporti con i partigiani del Partito d’azione; al giungere delle truppe angloamericane vi si associa come medico di campo. Finita la guerra, viene anche per lei il momento di emigrare negli Stati Uniti, a Saint Louis, dove rimarrà per trent’anni. Inizialmente si unisce a Viktor Hamburger negli studi sugli embrioni di pollo, successivamente avvia le ricerche che la condurranno alla scoperta del Nerve grown factor, fattore di crescita nervoso, che le vale il Nobel, conseguito insieme all’americano (anch’egli di origine ebraica) Stanley Cohen. Sono ricerche di fondamentale importanza per la comprensione dei meccanismi che regolano la crescita di cellule e organi. Il legame di Levi Montalcini con l’Italia non si interrompe mai: nel 1969 accetta infatti l’incarico di direttore dell’Istituto di Biologia cellulare del Cnr e, chiusasi l’esperienza, continua a fare attività di ricerca nel Paese natio.

Al volgere verso il tramonto del Novecento, che ha portato con sé, insieme ai milioni di morti nelle due guerre mondiali, tante rivoluzioni scientifiche − farmacologica, chirurgica, diagnostica − fanno la loro ricomparsa nel ricco mondo occidentale antiche paure che si credevano definitivamente debellate. Sono i primi anni Ottanta e si torna a parlare di “peste del secolo”. Il riferimento è ovviamente all’Aids, la sindrome da immunodeficienza acquisita, il cui virus viene isolato, nel 1983, dall’americano Robert Gallo e dal francese Luc Montagnier. I primi casi si verificano in Africa ma il contagio si diffonde presto in Europa e in America, colpendo in preferenza omosessuali e tossicodipendenti. Il fatto che si associ il diffondersi dell’infezione a categorie minoritarie − e per molti moralmente discutibili − contribuisce, almeno in Italia, a una certa sottovalutazione del fenomeno, che si manifesta nella riluttanza con la quale il Ministero della Sanità avvia una campagna di informazione che inviti esplicitamente i cittadini, oltre che a evitare la promiscuità sessuale, a utilizzare il preservativo per difendersi dal virus. Dal 1982 al 1990 si contano in Italia 4617 decessi per Aids.

 

 

Elenco delle puntate

Last Updated (Wednesday, 08 June 2011 14:07)