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1941-1950: una federazione "intelligente"
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Sport &  Medicina, 150 anni della nostra vita

1941-1950

Una federazione "intelligente"

 


La medicina dello sport, negli anni Trenta semplice supporto medico e valutativo agli atleti agonisti, si sviluppa occupandosi delle modificazioni fisiologiche legate alla prestazione sportiva. Tra gli artefici il professor Rodolfo Margaria cui si devono attenti studi sul costo energetico del movimento e sul consumo di ossigeno. Margaria, ben visto dal regime, dal 1938 al 1943 è direttore del Centro studi e ricerche di medicina aeronautica, un incarico in più rispetto alla Scuola di fisiologia che regge a Milano, dovuto alla sua celebrità. Noto in tutto il mondo, dal 1948 al 1950 sarà negli Stati Uniti, visiting professor di fisiologia alla Yale University di New Haven, accolto come una star.

Nel frattempo, la Federazione medico sportiva italiana era stata trasformata, nel 1940, in servizio medico del CONI. I fatti di guerra fanno precipitare la situazione. Il 1943 segna la caduta del fascismo, sia pure controvoglia si liquida la Gioventù italiana del Littorio che dal 1937 regolava la vita dei giovani dai 6 ai 21 anni. L’educazione fisica passa nuovamente sotto il controllo della Pubblica istruzione. Il primo novembre 1945, a guerra finita, si costituisce la Federazione medico sportiva italiana (FMSI), vale a dire l’insieme dei medici italiani specialisti in medicina dello sport che, finalmente dimentichi delle “qualità della razza” e delle “attività paramilitari per addestrare i giovani alla pugna”, possono dedicarsi alla tutela sanitaria di tutti, giovani e meno giovani, alla promozione della coscienza sportiva (fattore sociale di prevenzione e di miglioramento della popolazione), alla ricerca scientifica, alla didattica, ai contesti igienico-ambientali, agli accertamenti di idoneità. Nel 1946 viene indetto il primo congresso nazionale sull’educazione fisica presieduto dal professor Gotta, promosso dall’ANEF.

L’aspetto della tutela sanitaria, anche se non in maniera esclusiva, viene affidato alla FMSI con la legge n. 1055 che data 28 dicembre 1950. È una prima data storica, nasce allora il concetto di certificato di idoneità allo sport, vuoi professionistico, trasversale a tutte le discipline, vuoi dilettantistico, in questo caso a tutela di esponenti di alcuni sport: i pugili, i lottatori, i piloti di moto e di auto, i subacquei. Sempre nel 1950 entra ufficialmente nelle scuole l’educazione fisica, la circolare porta la firma del ministro di competenza, Guido Gonella, e l’anno dopo il provvedimento diventerà operativo anche per le ragazze, sanando un torto o una spiacevole dimenticanza. Per la seconda data storica bisognerà attendere il 1971, quando entrerà in vigore la legge n. 1099, nella quale si contemplano le norme per prevenire e reprimere il doping.

I Giochi per disabili, quanto oggi chiamiamo Paralimpiadi, si avviano in sordina nel secondo dopoguerra, grazie all’iniziativa di un grande medico britannico: nel 1948 Sir Ludwig Guttman, direttore del National spinal injuries centre di Stoke Mandeville, propone il tiro con l'arco come terapia (anche psicologica) per i veterani che la seconda guerra mondiale ha reso paraplegici. I risultati ripagano le attese, l’ambiente sportivo ne coglie le grandi valenze sociali, l’esperimento trova riscontri anche numerici. Lo stesso Guttman quattro anni più tardi organizzerà un vero e proprio torneo tra i paraplegici dell'Istituto di cui è direttore e gli atleti, già si chiamano così, di un’omologa realtà olandese. Non più solo tiro con l’arco, entrano in gioco anche il basket su sedia a rotelle, il tennis tavolo e il nuoto. In una felice consonanza di intenti, senza sapere l’uno dell’altro − al di là dell’oceano, nel 1949 − un altro professore, Timothy J. Nugent, Università dell'Illinois, promuove un torneo di pallacanestro su sedia a rotelle. I Giochi organizzati in Inghilterra da Guttman trovano sempre più proseliti, un gran numero di nazioni chiede di parteciparvi. Nel 1956 i Giochi di Stoke Mandeville ricevono il riconoscimento del Comitato olimpico internazionale. Per la prima volta è messa in palio la Coppa Fearnly.

Una figura particolare del periodo, non dimenticata, è quella di Piermarcello “Bubi” Farinelli, cardiologo di fama, nazionale di rugby dal 1940 al 1952 e poi allenatore del XV azzurro dal 1954 al 1956, tra i maggiori artefici della diffusione della disciplina in Italia in quegli anni difficili. Classe 1917, nipote di Mascagni, temperamento eclettico, Farinelli aveva praticato, prima del rugby, atletica leggera, scherma ed equitazione, ma la sua notorietà si lega, giustamente, all’attività di cardiologo che molto sapeva di sport.

 

 

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Last Updated (Thursday, 12 May 2011 10:48)